Identità Golose 2017, La Forza della Libertà: Il Viaggio
Un tema importante - e quantomai attuale - quello dell'edizione 2017 di Identità Golose, La Forza della Libertà: il viaggio. Viaggio metaforico, reale, nella memoria.
Viaggio inteso come scambi culturali, conoscenza, arricchimento, crescita interiore. Viaggio che travalica confini, muri e barriere.
Solitamente partecipo alla prima giornata del congresso. Mi piace l'idea che alle 9:00, 9:30, ora alla quale di solito arrivo, il congresso deve ancora cominciare.
Ancora non è stato detto niente, si sa solo il tema, ma non come verrà sviluppato, come si svolgeranno le lezioni. Una pagina bianca tutta da scrivere.
Quest'anno, per non perdermi la lezione di Enrico Crippa, che ho avuto anche il piacere di intervistare per il mio blog, ho partecipato alla seconda giornata.
Quest'anno, per non perdermi la lezione di Enrico Crippa, che ho avuto anche il piacere di intervistare per il mio blog, ho partecipato alla seconda giornata.
Ad inaugurare la lezione di Enrico Crippa, Paolo Marchi, il fondatore del congresso, ha fatto un meraviglioso discorso sul valore del viaggio, riassumibile in questa sua frase: "Per crescere, il miglior viaggio è quello dell'intelligenza. Guai non lasciarsi contaminare dalle idee."
E di idee, dalle quale lasciarsi contaminare, in questo congresso ne ho viste davvero tante.
A partire da Enrico Crippa, chef del Piazza Duomo di Alba.
Il tempo, della lezione scorre veloce, come la mia penna sul taccuino, ascolto, scrivo, fotografo. I temi proposti da Crippa sono importanti ed interessanti; chiaramente il viaggio, l'importanza sempre maggiore che stanno acquistando i vegetali nella composizione di un menù, i gusti che ci riconoscono.
Si parte con l'antipasto, portata di grande peso in Piemonte, un antipasto costruito sulla cipolla ripiena ed eventuali abbinamenti, come l'acciuga al verde servita con peperoni marinati nell'aceto e acqua di zenzero, tecnica acquisita nell'esperienza giapponese.
Mi è piaciuto il tema "Alla pasta ci giro intorno", nato dall'osservazione che gli stranieri mangiano la pasta come contorno.
Si passa per la lattuga-asparago con costolette di agnello per terminare col dolce della memoria, la mattonella, preparata però con ganache alla nocciola, frollino svuotato e farcito, crema pasticcera, gelatina di caffè.
La presentazione è spettacolare e metaforica al contempo: il dolce ricorda l'orologio del nonno, quello che veniva infilato nel taschino, la classica cipolla.
Da una cipolla come antipasto si è partiti, per approdare ad una cipolla trompe-l'oeil come dolce. Un viaggio nei sapori, nei ricordi, nella memoria, nei continenti.
Come ho scritto, quest'anno ho avuto la possibilità di intervistare Enrico Crippa e subito dopo la sua lezione gli ho fatto diverse domande.
La prima, partendo proprio dal tema del congresso e dal suo menù ricco di commistioni, riguardava proprio come viene concepito questo melting pot gastronomico.
Lo chef mi ha risposto che non c'è uno schema preciso, lui procede per sensazioni, forme, ingredienti, il vegetale, per esempio può ricordare un sasso e lui lavora su quello, non c'è nulla di predefinito, a volte si parte da un piatto salato, per approdare ad uno dolce.
Sapendo che attiguo al ristorante c'è il suo orto, gli ho chiesto quanto rappresentasse per lui in termini di ispirazione, molto è stata la risposta. Cammini per l'orto e sembra che un ortaggio, ti chiami e da lì si parte. Ma, ha aggiunto, è la vita stessa fonte di ispirazione, basta cogliere l'attimo giusto.
Abbiamo parlato della bellezza dei suoi piatti e della gioia che si prova anche solo nel vederli preparare, e Crippa mi ha detto che la madre ha sempre pitturato su stoffa e ceramica e la bellezza, i colori li ha interiorizzati proprio vedendo la madre all'opera. Ha aggiunto che è fondamentale come si pone il primo ingrediente nel piatto.
Visto che non mangio più carne (e nemmeno più tanto pesce) e considerato che nei suoi piatti la verdura è sempre presente, gli ho chiesto quanto siano importanti per lui verdure, legumi e cereali. Moltissimo, la risposta, aggiungendo che da sempre i suoi piatti sono preparati sul principio 60/40 70/30, ovvero la proporzione fra vegetali e proteine.
Inoltre nel suo locale s'è molta attenzione per i vegetariani e i vegani che sono una buona parte della clientela.
Ho amato molto la lezione di Ernesto Iaccarino, erede del celebre Don Alfonso di Sant'Agata dei due Golfi (concedetemi un po' di partigianeria), che dopo una laurea alla Bocconi di Milano, ritorna a Sant'Agata alla guida della cucina.
Esordisce con "Noi siamo ciò che mangiamo" ed ha annunciato che avrebbe preparato degli spaghetti, io che ho amato Feuerbach e che adoro gli spaghetti, mi sono sentita a casa.
Una lezione di cucina e di storia della cucina. Partendo dalla storia di Don Alfonso, ha parlato dell'importanza della cucina mediterranea, delle commistioni fra varie culture gastronomiche.
Dicevo gli spaghetti, ed infatti il primo piatto è una rivisitazione dello spaghetto aglio, olio e peperoncino, in questo caso arricchito da sgombro (un pesce da prendere seriamente in considerazione visto che non è mai d'allevamento, parole dello chef), salsa tonnata e salsa al prezzemolo.
Molto interessante la seconda proposta, un Dumpling mediterraneo, un melting pot tra Cina (per la pasta fresca cotta al vapore), Israele (gelato di fagioli borlotti) e Italia.
La pasta è ripassata in una demiglace vegana, verdure, carruba per supplire all'osso e tapioca per addensare.
Ho intervistato anche Ernesto Iaccarino, e la prima domanda verteva sull'importanza della tradizione, visto che il suo è un ristorante storico. Iaccarino mi ha risposto che la sua è una cucina ben identificata, ma con massima apertura al mondo.
D'altra parte, l'ultimo piatto presentato ne era un chiaro esempio.
Gli ho anche chiesto da cosa nasce la demiglace vegana, e Iaccarino ha spiegato che per fare un fondo bruno occorrono forni a 240° per alcune ore, per una demiglace vegana, occorre un quarto del tempo con temperature di 150°, quindi un risparmio energetico decisamente importante.
L'ultima domanda era riferita all'importanza della stagionalità e lo chef mi ha risposto che nella sua cucina è altissima.
Come sempre, Identità Golose, si rivela un percorso importante. Si parla (e si parte) di cucina, per poi affrontare discorsi di sostenibilità, identificazione, commistione.
Identità Golose è un luogo dove si rispettano valori, filosofie, percorsi di vita, mi riferisco alle varie sezioni come identità naturali, identità champagne.
Di questa edizione mi rimarrà l'importanza del viaggio, di non erigere muri, di far circolare idee, persone, merci, perché le commistioni sono vitali, arricchiscono, ci consentono di conoscere posti, cibi, culture diverse e attraverso il viaggio, possiamo conoscere meglio anche noi.
8 assaggi
Identità golose è da sempre un percorso molto interessanti per tutti gli addetti e gli appassionati del mondo del food. Grazie per aver condiviso con noi questa fantastica esperienza . Un abbraccio, buona serata , Daniela.
RispondiEliminaChe bella esperienza ! Grazie del racconto !
RispondiEliminamolto interessante,sono contenta per te che hai potuto partecipare a questa manifestazione e l'hai con noi. Un abbraccio.
RispondiEliminaBella esperienza. Da te ben documentata.
RispondiEliminaPrima o poi riuscirò pure io a visitare Identità golose!
RispondiEliminaCaspita che bella esperienza. Un momento di arricchimento notevole! Grazie per averlo condiviso con noi :)
RispondiEliminaUn'esperienza interessante e anche formativa, io purtroppo non sono ancora riuscita ad andarci, buona serata!
RispondiEliminagrazie a te mi è sembrato di essere lì, grazie per aver condiviso questa tua magnifica esperienza ! un bacione e buon we
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